martedì 27 maggio 2014

Dall’IO al NOI. La costruzione dell’intimità nella coppia

http://psyblog.blog.tiscali.it/files/2014/04/mela.jpg“Un matrimonio sano è la fusione di due culture estranee. È lo sforzo di fondere queste due culture in una sola cultura che è insieme simile e nettamente diversa rispetto a entrambi i nuclei di appartenenza” (Whitaker, 1988)[1].
Quando una coppia inizia a costruire la propria intimità deve fare i conti con la costruzione di un processo complesso: dare vita ad un NOI condiviso senza toglierla ai singoli IO.
Il processo è reso ancora più complicato dalla presenza delle famiglie d’origine, ugualmente pregnante sia che sia reale, sia che sia simbolica.
Perché possa andare avanti, dunque, la nuova coppia deve essere diversa sia da una famiglia che dall’altra, ma i partner devono mantenere la consapevolezza di quali aspetti di ciascuna valga la pena conservare.
Tutto questo non avviene per magia, è anzi condizionato dalla perdita dell’idealizzazione, del mito dell’ultima riga delle favole.
Il tanto anelato (e abusato) e vissero felici e contenti è infatti un punto d’arrivo, mentre lo stare insieme, che si tratti di matrimonio o convivenza non è che un punto di partenza.

Se ci si ferma al mito ci si aspetta un amore spontaneo ed eterno ma si dimentica di costruire la relazione, una relazione capace di diventare ogni giorno più matura.
La costruzione dell’intimità parte dalla distruzione del mito del matrimonio paradisiaco, che parte dal mito platonico dell’uomo palla, che cerca nell’altro il completamento di sé.
All’inizio di una reazione si sta insieme nell’illusione che l’altro potrà soddisfare i nostri bisogni, ma la premessa idilliaca si incontra (o si scontra?) con la realtà del quotidiano.
Per poter sopravvivere alla quotidianità bisogna riuscire ad andare oltre i singoli IO, per essere attivi nella costruzione di quel NOI che rappresenta l’essenza vitale di una relazione intima.
L’area del NOI non è costituita dalla semplice somma dei due IO, è qualcosa di diverso: allo stesso tempo area di sovrapposizione e di integrazione. La sfida per la coppia sta nel trovare un equilibrio funzionale tra questi due aspetti.

L’intimità richiede un lavoro tenace e costante, richiede impegno e non nasce nell’immediato, emerge con il tempo anche attraverso le lotte in comune e gli aspetti di condivisione.
“Nel matrimonio o si cresce insieme o ci si allontana, non c’è una zona neutra in cui rifugiarsi”(ibidem).
Non esiste intimità vera che non sia passata per una o più crisi della coppia, nel corso del tempo.
Ogni coppia  che si impegna per la crescita deve dunque fare i conti con tanti “divorzi emotivi” durante la sua storia, i divorzi emotivi possono durare pochi minuti, qualche ora o alcuni giorni, poi finiscono, ma la sensazione di perdita che si prova è reale e il dolore può essere assordante.
In questi momenti la variabile che fa la differenza è proprio l’impegno, che permette di non vedere questi momenti come ineluttabili, nonostante la sofferenza. Solo così può prevalere la sensazione di sicurezza fondata sulla storia di impegno e di condivisione costruita nel tempo dai partner.

Ai periodi difficili si può dunque sopravvivere grazie alle risorse della coppia.
Un altro aspetto fondamentale è la capacità di gestire le differenze, una capacità che stabilizza e potenzia la qualità della relazione. Quando le differenze sono considerate in modo negativo, come elementi da eliminare, portano alla divisione, all’estraniamento, al non sentirsi riconosciuti dall’altro. Quando invece le si vedono come opportunità di crescita diventano beni preziosi. Sono proprio le differenze che consentono la crescita e l’espansione.
“La capacità di impegnarsi effettivamente in un processo bilaterale di contaminazione reciproca è fondamentale se si vuole avere una relazione dinamica e non statica. La frizione tra le nostre differenze ci arricchisce. I passi da compiere per riuscire a impiegare produttivamente le differenze vanno dal riconoscimento all’accettazione, da questa al rispettarle e goderle e, infine, a considerarle preziose” (ibidem).
Maria Grazia Rubanu

Nessun commento:

Posta un commento